Processo al Prof

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Informazioni sull'autore

Roberto Iacoella è nato e vive a Roma, dove insegna Lettere nelle scuole superiori. È sposato e ha due figli. Ha pubblicato tre raccolte di poesie con Cultura Duemila Editrice, Piccola nebbia (1989), Lucciole ubriache (1990), La scala d'oro (1992) e una raccolta di racconti, La samba di Orfeo e altre storie con Talos Edizioni (2013).

Codice: 978-88-98838-02-8

Autore: Roberto Iacoella

Editore: Talos edizioni

Anno: 2014

Genere: Narrativa Italiana Contemporanea

Prezzo libro: 15.0 €

Prezzo PDF: 0.0 €

Nº pagine: 296

Dimensioni: 14*21 cm

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Trama

“Processo al prof”, romanzo provocatorio e polemico, come l’autore stesso lo definisce, racconta con naturalità e acume di un processo subito da un professore, tale Aurelio Castelli, del quale vengono violentemente contestati i metodi d'insegnamento. Si tratta della storia intima di un uomo, degli spasmi del suo animo, narrata attraverso le sue teorie circa i problemi che assillano la scuola moderna. Con franchezza, impostando la sua difesa (Castelli dovrà difendersi da solo) sul suo vissuto scolastico, da studente e da docente, il protagonista espone le proprie teorie senza preoccuparsi che possano essere in opposizione con quelle di studiosi ed esperti o che non siano aderenti a schemi politici e ideologici precostituiti. Emerge lampante un’immedesimazione piena e spontanea dello scrittore con il personaggio del prof. Castelli, che mantiene comunque una certa sua indipendenza: a volte, ci comunica l’autore, dice delle cose che io non condivido del tutto o fa delle cose che io non farei. L’abilità di Roberto Iacoella risulta nel non lasciar trasparire lo stacco tra il reale e il costruito, per la grande naturalezza del suo scritto, frutto, indubbiamente, di una strenua ricerca. Ciò che carpisce all'istante l’interesse del lettore, con cristallino nerbo, è l’amore gentile che l’autore nutre nei confronti della scrittura e della sua primaria professione, quella di professore. Notevole l’unidimensionalità della struttura narrativa: l’unico protagonista che l’autore decide di mettere in scena è se stesso, o meglio lo spettacolo delizioso della propria abilità narrativa e della propria passione. Da una parte, l’ascendente della memoria d’insegnante con il suo straordinario bagaglio di esperienze umane e professionali e l’abitudine recentemente acquisita a padroneggiare l’informale magrezza del linguaggio burocratico della scuola-azienda servono da filtro all’incursione incontrollata dell’irreale (Iacoella è affezionato ai tracolli onirici che senza pietà investono i suoi personaggi, come ne “La samba di Orfeo e altre storie”, Talos Edizioni, 2013), dall’altra, una certa rigida disciplina imposta dalla sua condizione di docente ha contribuito a plasmare uno scrittore eccezionale nonché rappresentativo della nostra epoca “di transizione”. Iacoella assimila e neutralizza, tramite la salvifica catarsi del romanzo, le tendenze contrastanti del mondo scuola ad evolversi e a conservarsi. Inventa, attraverso una sapiente rielaborazione di tecniche tanto antiche quanto a lui care, un nuovo genere letterario per far sentire chiara la propria voce. Mescola umorismo, drammaticità, analisi critica e a tratti feroce, colte citazioni e ritagli di articoli sullo scheletro di una trama seducente dal retrogusto kafkiano. A conferire romanticismo, verità, sentimento e profondità alla ricca mescolanza di virtuosismi stilistici sono le lettere degli alunni. La scelta di riportare temi, biglietti, cartoline e pensieri di quest’ultimi (primi indiscussi nel cuore e nella dedica dell’autore) in caratteri che ricordino la calligrafia dei giovanissimi, incerta e morbida o spavalda e arruffata, conferisce maggiore realismo ad una escalation entusiasmante di invettive e dichiarazioni d’amore per la vita e la scuola che, per un insegnante, a volte sono la stessa cosa. “Andrò controcorrente e mi farò molti nemici nell’ambiente scolastico, ma ormai non mi importa più nulla… A scuola si fa di tutto, tranne che studiare. Un caos permanente. Ci sono un’infinità di attività parallele alle materie di studio, progetti, campi-scuola, viaggi d’istruzione (meglio conosciuti come “gite”), visite culturali, stage, spettacoli teatrali, cinematografici, laboratori di qualsiasi tipo: educazione a questo, educazione a quell’altro... Senza contare che nei POF di tutte le scuole ci sono già moltissime attività. […] Aggiungiamo a tutto ciò l’armamentario tecnologico di cui sono mediamente forniti i ragazzi di oggi e chiediamoci: come si fa a trovare la giusta concentrazione, il silenzio e la tranquillità necessarie per dedicarsi alla lettura e allo studio? Anche i ragazzi delle scuole superiori, più maturi, a scuola regrediscono psicologicamente. […] La scuola, signor Presidente, è un rumore incessante […], l’insegnante va letteralmente in crisi[…]. Che si deve fare? Adeguarsi, come fanno i più furbi? Stare più tempo possibile fuori dall’aula per non impazzire, per non uscire da scuola stravolti, stressati, umiliati? Ed ecco che, visto che non si può più insegnare come si deve, viene spontaneo dare molto spazio al “rapporto umano”, perché questo, per l’insegnante, e forse anche per gli alunni, diventa l’unica fonte di gratificazione, l’unica cosa VERA in un mare di falsità “aziendali”. La colpa di tutto quello che sta accadendo nella scuola non è dei ragazzi, sia chiaro. Anche loro sono delle vittime, come noi insegnanti, vittime delle mode pedagogiche dei nostri tempi.” Castelli (o Iacoella? Qual è il sogno claustrofobico vissuto dal protagonista e qual è la realtà dello scrittore?) lotta senza risparmiarsi per difendere ciò che sente vivamente vero. Nessuno viene risparmiato nelle crude catilinarie. Gli unici a salvarsi, probabilmente, sono gli alunni. Nonostante alcuni di loro non si comportino sempre in maniera impeccabile, come è normale, e non si impegnino, restano comunque degli innocenti che ereditano loro malgrado una farraginosa macchina che sembra sbriciolarli senza riuscire a cogliere, neppure, il meglio di loro. L’entusiasmo famelico, la curiosità incolpevole. Dalle lettere dei ragazzi, composizioni dell’autore liberamente ispirate ad alcune realmente ricevute dai suoi alunni durante gli anni, emerge una condivisione sentita di un metodo didattico ed educativo che viene in maniera semplice e divertente proposto nel romanzo. Metodo Castelli: Regole per impostare un dibattito in una classe di adolescenti: 1. Dare spazio alla personalità dei ragazzi. 2. Rispettare e utilizzare la “cultura” e gli interessi dei ragazzi. 3. Attenersi ad un ordine degli interventi e rispettarlo. 4. Parlare con franchezza e senza timore di ogni argomento. 5. Suddividere gli argomenti emersi o proposti nel dialogo con la classe per evitare che si accavallino. 6. Lasciare che, inizialmente, gli elementi più maturi della classe facciano progredire la discussione. 7. Non reprimere gli interventi di disturbo se non superano una certa soglia. 8. Non dare segno di ascoltare o di essere infastiditi da chi disturba. 9. Non fare movimenti superflui con il corpo o la testa oltre a quelli necessari per guidare il dialogo. 10. Assentire come inizio di risposta anche alle affermazioni più retrive e ai pregiudizi dei ragazzi per rigirarli in positivo. 11. Limitare l’uso dell’autoironia sulle proprie affermazioni e non essere sarcastici con gli alunni, neanche di fronte alle affermazioni più banali. 12. Proporre le proprie affermazioni come ipotesi e possibilità. 13. Non dare spiegazioni e risposte alle domande che emergono, ma riproporle alla classe. 14. Se necessario e quando il momento è opportuno, il docente deve sostenere le proprie affermazioni fino in fondo, con sincerità. 15. Mantenere sempre lo stesso tono di voce sostenuto, senza alzarlo o abbassarlo a caso o in relazione alle idee espresse dai ragazzi. 16. Non tradire eccessi di entusiasmo o di scoramento. 17. Mantenere il contatto oculare con l’alunno che ha la parola e la usa adeguatamente, senza dare spazio alle richieste di essere guardati e ascoltati che provengono da altri elementi della classe, finché l’alunno che ha la parola non ha finito il suo intervento. 18. Riprendere un alunno che ha fatto un intervento di disturbo non immediatamente, ma dopo un po’ di tempo. 19. Provare a riconoscere i diversi stili di apprendimento degli alunni (chi impara le cose a memoria, chi ripete solo ciò che ha sentito da altri, chi è più originale e creativo, chi è più “scolastico”, ecc.). 20. Insegnare agli alunni a fare “metacognizione” e “metacomunicazione”, cioè a ragionare sul proprio modo di ragionare e a riflettere sul proprio modo di comunicare. Un’immersione nella scuola di oggi guidata da chi la scuola la vive ogni giorno e ogni giorno la ama e la odia, senza smettere di ripensarla, di esaminarla, di criticarla, di spulciare nei polverosi archivi (materiali o della memoria) per migliorarla, perché in essa crede, intensamente. Roberta Lagoteta